Clima: Accordo Ridicolo. Il Vertice è Un Fallimento

Clima: accordo ridicolo. Il vertice è un fallimento

Dopo ore di trattative e consultazioni seguite al ‘no’ di alcuni Paesi in via di sviluppo che minacciavano di far saltare l’intesa raggiunta ieri sera, i delegati alla Conferenza dell’Onu sul clima a Copenaghen hanno approvato una mozione con la quale accettano l’accordo mediato dagli Stati Uniti con Cina, India, Brasile e Sudafrica. «La conferenza decide di prendere nota dell’Accordo di Copenaghen del 18 dicembre del 2009», ha dichiarato il presidente della sessione plenaria della Conferenza che si era aperta nella capitale danese il 7 dicembre scorso. Dopo la forte opposizione al testo da parte di alcuni Paesi in via di sviluppo – tra cui Venezuela, Sudan, Nicaragua e Cuba – i delegati hanno rinunciato alla procedura abituale di votare punto per punto il documento, optando per la formula più soft e meno impegnativa del ‘prendere notà dell’accordo.


La Conferenza di Copenaghen è stata anche un appuntamento di grande mobilitazione della società civile, a dimostrazione della preoccupazione dei cittadini del mondo per le conseguenze del riscaldamento del pianeta. Legambiente si impegnerà perchè tra i cittadini e tra le imprese cresca la consapevolezza della sfida e «affinchè il governo italiano svolga finalmente un ruolo di avanguardia e non di ostacolo nei negoziati, come è apparso evidente in questi giorni a Copenaghen».

VERTICE-FALLIMENTO Copenaghen non porta fortuna a Barack Obama. Atteso come il salvatore del vertice dell’Onu sul clima, accolto quasi come un messia, il presidente americano questa notte è ripartito con un magro bottino, circondato dalla delusione degli ambientalisti di tutto il mondo. Un accordo «importante» che riunisce per la prima volta i leader di tutti i Paesi industrializzati del mondo, seppur «insufficiente», soffia la Casa Bianca ai giornalisti prima ancora che molti avessero avuto modo di leggere il testo dell’ultima bozza in discussione. Certo, c’è un accordo inedito raggiunto dagli Stati Uniti con Cina, India, Brasile e Sudafrica. Si tratta di un’intesa parziale, che lascia l’amaro in bocca a molti. A partire dagli europei, che tanto si sono spesi per un accordo alto, anche promettendo sacrifici forti dell’Europa se questa generosità si fosse manifestata anche da altri. «È il miglior accordo possibile», hanno commentato con una frase che dice tutto. Ma di generosità se ne è vista veramente poca in questo mega-vertice dell’Onu. Così, a tarda notte, ben dopo che Obama aveva lasciato Copenaghen diretto alle Hawaii per una vacanza, il testo è stato rimesso ancora una volta in gioco. Tutto ciò mentre prende corpo la rivolta di alcuni Paesi che annunciano il loro voto contrario. Durissimi gli ambientalisti e le Ong. «Fallimento», «catastrofe», «fiasco totale»: questi i commenti a caldo delle varie organizzazioni che stanno seguendo il vertice. Immediata la convocazione di una manifestazione di protesta all’esterno del Bella center, nel gelo della notte di Copenaghen. Chissà se il presidente americano tornerà ancora a Copenaghen, città, per gli americani, legata indissolubilmente ad una bruciante sconfitta. Era il due ottobre scorso quando Obama decise di attraversare l’Oceano per presenziare a Copenanghen alla scelta della città che avrebbe ospitato le Olimpiadi del 2016.

CONTRARI I PAESI DEL SUD Non piace ai paesi del Sud l’intesa sul clima raggiunta ieri sera a Copenaghen dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, insieme ai leader di Cina, India, Brasile e Sudafrica. Un drappello di Paesi tra cui Venezuela, Sudan e Tuvalu ha respinto l’accordo al ribasso, che prevede solo un impegno a limitare entro un massimo di due gradi l’aumento delle temperature, non fissa cifre sui tagli alle emissioni di gas serra e prevede aiuti per 100 miliardi di dollari da qui al 2020 per i Paesi in via di sviluppo. È un’intesa ‘debolè, sostiene il ‘fronte del nò, mentre un delegato sudanese è arrivato a paragonare il piano per l’Africa all’Olocausto, perchè causerà altre inondazioni, siccità, tempeste di sabbia e non bloccherà il livello di innalzamento dei mari. Il documento, ha denunciato Lumumba Stanislaus Di-aping, «è una soluzione basata sugli stessi valori che, secondo la nostra opinione, hanno portato sei milioni di persone in Europa nelle camere a gas». «Usando un’espressione bibblica, è come se ci fossero stati offerti trenta denari per vendere il nostro futuro – ha fatto eco il capo negoziatore di Tuvalu, Ian Fry – Il nostro futuro non è in vendita». Duro anche il commento della delegata venezuelana Claudia Salerno Caldera, mentre il presidente della Commissione europea Jose Manuel Durao Barroso non ha nascosto la sua «delusione per la natura non vincolante» dell’intesa raggiunta ieri sera. Perchè sia adottato come accordo ufficiale delle Nazioni Unite, il testo deve essere approvato da tutti i 192 Paesi presenti a Copenaghen.

 
L’ACCORDO FARSA – Tutti i Paesi industrializzati hanno dato il loro accordo a un testo che risulta veramente ‘light’ rispetto a tutti i testi della vigilia. Senza cifre sul Co2 ma solo su gli impegni finanziari (30 miliardi di dollari dal 2010 al 2012 e 100 miliardi l’anno entro il 2020), senza vincoli legali e senza il riferimento al taglio delle emissioni del 50 per cento entro il 2050. I Paesi che hanno sottoscritto l’accordo si nsono impegnati a mettere per iscritto gli impegni di riduzione dei gas a effetto serra per il periodo 2015-2020 entro il primo febbriaio 2010. Non sorprende quindi che i toni più soddisfatti siano usciti dal capo negoziatore della Cina, Xie Zhenhua, che ha esultato così: «è un risultato positivo e tutti dovrebbero esserne felici». Da voce alla delusione europea il presidente francese Nicolas Sarkozy criticando «l’assenza di un riferimento per il taglio delle emissione globali di Co2 entro il 2050». In tarda serata i 27 erano ancora riuniti per valutare questo accordo davvero «light» che, in ogni caso, deve essere presentato in plenaria per il voto. Di fallimento parlano apertamente le Ong e gli ambientalisti: «si tratta di un fiasco totale», sottolinea lapidario Greenpeace.

INTESA SOLO SUI SOLDI Sul clima accordo senza numeri, resta solo l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 2 gradi e il fondo da 30 miliardi di dollari come risorse immediate (2010-2012) e da 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020. I punti restano 12, scompare l’obiettivo 2016 di 1,5 gradi che accontentava le piccole isole, e appare il 2015 come data utile per completare il processo e implementare l’accordo. A pagare saranno sempre i paesi sotto il Protocollo di Kyoto che dovranno aumentare la loro quota di riduzione delle emissioni. Per tutti i paesi ricchi invece, azioni individuali o collettive di riduzione al 2020. Ecco il testo: – 12 punti – 2 gradi l’aumento massimo della temperatura media (scompare ogni riferimento alla riduzione globale del 50% al 2050, e qui vince la Cina) – fondo da 30 miliardi di dollari per il triennio 2010-2012 e da 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020 – riduzione delle emissioni da parte di tutti i paesi ricchi al 2020. Le cifre dovranno essere definite entro il primo febbraio 2010 – per i paesi in via di sviluppo attuare azioni di mitigazione in base alle loro specifiche caratteristiche nazionali. Ogni due anni questi paesi dovranno fare rapporto sui risultati degli interventi – completamento e implementazione entro il 2015. Il documento contiene anche le griglie dove i paesi devono mettere i target ma anche delle tabelle che riguardano gli impegni approvati o dichiarati dai singoli stati. L’Europa è l’unica ad avere una legge. Per quanto riguarda i ‘fast start’, cioè le risorse economiche da subito disponibili, una tabella riassume la situazione: 10,6 miliardi di dollari dall’Ue; 11 miliardi di dollari dal Giappone e 3,6 miliardi di dollari dagli Stati Uniti.

 

Da: Leggo/ASCA/Ansa/ADNKronos