Brindisi: la fine della grande illusione
Quando sono arrivate è stata una rivoluzione per un territorio del profondo Sud. Mia nonna mi racconta sempre di quando era invidiosa delle mogli degli operai con la pelliccia dopo i primi stipendi. Poi, quando hanno iniziato tutti a stare male, ha smesso di essere invidiosa.
Questa storia è un po’ la storia di tutti noi. Illusi dalla promessa del lavoro, dalle sponsorship a tutte le iniziative più importanti, dal sostegno alle squadre sportive, illusi da una idea di industria che “compra” il nostro silenzio, per poi tristemente accorgersi della realtà… Era tutto un sogno, il lavoro non c’è ugualmente, nella nostra provincia sono più i giovani che se ne vanno e le persone che si ammalano di quelle che restano.
Questa storia, storia di profondo Sud, è quella che emerge nascosta dietro ai dati presentati dalla Regione Puglia ieri per il primo rapporto epidemiologico sull’impatto delle emissioni industriali sugli abitanti della provincia di Brindisi. Ce lo aspettavamo tutti, ma resta scioccante.
La coorte considerata è di 223.934 persone, residenti tra il 1 Gennaio 2000 ed il 31 Dicembre 2010 nei comuni di comuni di Brindisi, Carovigno, Cellino San Marco, Mesagne, San Pietro Vernotico, San Vito dei Normanni e Torchiarolo. I risultati, disponibili su www.sanita.puglia.it/web/csa, mostrano ancora una volta che i movimenti ambientalisti che si sono mobilitati in questi anni avevano ragione. Ci sono volute infatti oltre 10.000 firme ed anni di lotte per ottenere l’istituzione del registro tumori presso la ASL ed una indagine epidemiologica come quella che stiamo leggendo. E’ stato considerato per ciascun residente il periodo di esposizione 1991- 2014 ed indicatori di esposizione sulla base della sua residenza, utilizzando come inquinanti traccianti il particolato e l’anidride solforosa per le centrali termoelettriche e Composti Organici Volatili per il complesso petrolchimico.
E’ stato ricostruito il livello di emissioni per il periodo considerato, mostrando picchi negli anni Novanta e progressivi miglioramenti, soprattutto a seguito della chiusura dell’Impianto EdiPower nel 2012. L’esame dei ricoveri ospedalieri non lascia spazio a dubbi: diabete, malattie neurologiche, cardiovascolari e disturbi respiratori. 5183 tumori. L’associazione con la mortalità tumorale aumenta del 16%, 63% per i tumori alla vescica e 115% per le leucemie. Il dato è distribuito in modo diseguale sulla base della condizione socioeconomica, in un territorio che è periferia del Paese.
I ricchi speculano e governano, i poveri si illudono e muoiono. Per fortuna questa è solo una parte della storia di Brindisi. Dietro questi dati, infatti, ci sono tante storie. Le storie dei tanti attivisti che in questi anni hanno lottato per mostrare la verità, le storie dei tanti processi in cui sono stati parte civile, le storie dei 6 cittadini che nel 2014 hanno presentato un esposto perché affetti da tumore per colpa di un inquinamento che stenta a riconoscere le proprie responsabilità, le storie dei contadini ed allevatori che hanno dovuto rinunciare al proprio lavoro, le storie dei turisti che hanno visto dalla spiaggia gli impianti fiammanti estate dopo estate, le storie degli studenti che rifiutano di credere che questo sia il lavoro a cui ambire, le storie dei musicisti, dei registi, delle assemblee d’istituto, dei cortometraggi, delle giornate dell’arte, delle manifestazioni.
Il territorio brindisino di oggi paga gli errori del passato, di una politica industriale pesante su cui mai si è aperta una riflessione politica e di cui ancora subiamo l’esposizione inquinante, paga gli anni di corruzione raccolti dalla cronaca e gli anni in cui l’unica strategia di sviluppo del territorio è stata “chiudere un occhio”.
Oggi sappiamo che è tutto vero. Si sono arricchiti sulla nostra pelle. Ma serve ancora individuare dei responsabili tra chi è stato artefice e chi connivente.
Chi ha inquinato deve pagare. Ma non basteranno i risarcimenti danni, non basterà la ragione e non basteranno i processi se al nostro territorio non resterà una prospettiva di riscatto da costruire.
I dati di ieri quindi sono solo un tassello di un nuovo sviluppo sostenibile possibile, che sia compatibile con il nostro territorio, che non metta in contrapposizione lavoro ed ambiente, che ricostruisca una prospettiva di speranza per tutte le generazioni che sono cresciute in questo status quo. Forse questi tristi dati, che sono un colpo allo stomaco, ma al contempo un risultato politico seppur ancora estremamente piccolo, dimostrano che questo status quo è pieno di crepe e possibilità di rottura, che al passato di sbagli e sfruttamento è necessario contrapporre un possibile da costruire.