Adesione alla Manifestazione Non Una di Meno
Il 25 novembre a Roma ci sarà la Manifestazione Nazionale di Non Una di Meno.
Saremo in quella piazza, come in ognuna delle piazze convocate dalla Rete, come attiviste e come donne.
Saremo in quella piazza perché abbracciamo completamente il piano rivendicativo proposto, ma saremo in quella piazza anche a portare delle ragioni specifiche, per denunciare una forma di sfruttamento specifica della donna, figlia del sistema capitalismo e della devastazione ambientale dei territori, che si perpetua sui corpi delle donne attraverso le politiche di gestione ambientale che, nel nostro paese, guardano alla tutela degli interessi economici di qualcuno e non alla salute dei cittadini e delle cittadine.
E’ una forma di violenza che ha impatti sulla nostra salute, sulla nostra fertilità, sulla capacità del nostro organismo di sostenere gravidanze, sulla nostra capacità di allattare.
Non è niente che ci siamo inventate: il nesso tra inquinamento ambientale e salute delle donne è stato affermato chiaramente, e con preoccupazione, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quello che mangiamo, beviamo, respiriamo, nei territori in cui viviamo, determina quello che accade ai nostri corpi: si tratta spesso, sempre di più, di veleni, di fattori che generano malattie e morte.
Abbiamo già molte volte denunciato la devastazione ambientale del nostro Paese, abbiamo tutti gli strumenti per individuare il problema, ma non abbiamo le armi per conquistare da sole la soluzione: qualcuno decide per noi.
Le politiche ambientali scelte dai nostri governi, le strategie energetiche elaborate e le loro conseguenze sulla nostra terra e sulla nostra pelle sono l’ennesima negazione del diritto di ogni donna di autodeterminarsi: le grandi operare, fortemente impattanti, che vengono ogni giorno imposte sui nostri territori, troppo spesso e volentieri attraverso l’utilizzo di forza e repressione, ne sono un esempio.
Come lo sono le politiche per il clima, del nostro Paese e di tutti gli altri. Non è un caso che anche a Bonn, quest’anno, si sia discusso di questioni di genere e clima e si sia aperto un tavolo permanente sul tema. Ma anche le assenze di piani di prevenzione sanitaria e di bonifica dei territori compromessi sono un’altra forma di questa violenza. Allo stesso modo lo sono i costi proibitivi delle cure, l’assenza di strumenti di welfare che tutelino chi deve affrontare percorsi di malattia.
Il Rapporto Sentieri del 2014, Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, (una delle fonti di dati più recenti cui disponiamo) disegna uno scenario abbastanza palese dello stato della contaminazione ambientale del Paese.
Prendendo a mo’ di esempio i dati di una regione particolarmente esposta, notiamo come in Campania dal 2007 al 2013 l’aspettativa di vita si è abbassata di sette anni per gli uomini e di dieci per le donne.
L’esempio campano, è importante ribadirlo, è solo la riproposizione plastica di una situazione generalizzata che si verifica in quasi tutti i SIN del Paese: dalla Caffaro di Brescia a Taranto, ai laghi di Mantova eccetera.
Le donne sono maggiormente esposte per una serie di fattori a determinate tipologie di contaminazione ambientale, essendo fisiologicamente più vulnerabili e spesso, soprattutto nei Sud del mondo, maggiormente dedite alle attività di cura della casa e, di conseguenza, sottoposte per tempi più lunghi all’azione degli agenti contaminanti dei territori interessati.
Contro questa specifica forma di violenza, anche noi abbiamo un piano.
L’individuazione intanto delle precise responsabilità politiche rispetto alle attività estrattive, produttive e di smaltimento dei rifiuti nel nostro paese e la conseguente adozione del principio di precauzione nell’elaborazione delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici e di riconversione. Ciò nell’ottica del rispetto degli impegni assunti a Parigi dal nostro governo, volti alla decarbonizzazione delle politiche energetiche dell’economia italiane per contrastare i cambiamenti climatici. È importante, in questo caso, fare una specifica fondamentale: la decarbonizzazione assunta come impegno dall’Italia durante la COP22 è la riduzione delle emissioni di carbonio climalteranti; la decarbonizzazione intesa e sbandierata dal nostro governo all’interno della Strategia Energetica Nazionale è l’abbandono del vetusto carbone alla base delle politiche energetiche, e la sostituzione di quest’ultimo con gas naturale, elemento egualmente climalterante.
- La sostituzione progressiva dell’economia di consumo con un’economia circolare, basata sul principio del riutilizzo della materia e contro gli sprechi.
- Una adeguata informazione sui rischi ambientali per le donne in età fertile;
- L’adozione di un’ottica di genere nella composizione dei luoghi di partecipazione e decisione sui territori;
- L’utilizzo di specifici caratteri di genere all’interno degli studi di impatto e nelle politiche di sviluppo territoriale;
- La promozione della raccolta e della sistematizzazione di dati a opera di realtà di monitoraggio indipendenti e popolari;
- Il finanziamento della legge regionale 40 della Regione Puglia e implemento della stessa sul territorio nazionale, attraverso la nascita di percorsi gratuiti per le donne affette;
- La ricezione delle richieste della campagna a difesa del latte materno: la promozione di biomonitoraggi di latte materno e sangue cordonale e l’approvazione di un ddl che preveda la creazione di un marchio “dioxin free” per alimenti
Il piano completo del quadro rivendicativo è disponibile su Guardiane della Terra.